Descrizione
L’età Preistorica
In età preromana la presenza umana nel territorio di Tergu è documentata da circa una quindicina di nuraghi, in alcuni casi a pianta complessa, sparsi nell’agro del paese. Tra questi si segnalano anzi tutto il nuraghe Tudderi, sito sul colle più elevato del paese e realizzato a pianta trilobata, ed il nuraghe Riu Riu sito in località omonima. Ma il complesso che suscita maggiore attenzione è senz’altro la fortificazione megalitica di Monte Elias, riferibile ad età nuragica e frequentata anche in età romana. La fortezza, non distante dal paese, è sita su uno dei più suggestivi altipiani della zona. Da qui è possibile abbracciare con lo sguardo il vasto territorio compreso tra Porto Torres e Isola Rossa, segno evidente della funzione di controllo che la fortezza ebbe modo di assolvere per diversi secoli.
L’età Romana
Il periodo romano attualmente è meno documentato rispetto a quello nuragico. Si segnala la presenza di una necropoli pertinente ad un periodo compreso tra il I sec. a.C. e il I sec. d.C. nell’area di Monte Rizzu. Questa zona fu indagata nel 1959 e consentì il recupero di stele funerarie figurate e di corredi funerari pertinenti a sepolture di incinerati custodite in urne di calcare e in anfore tagliate a metà .
Ancora ad età romana è riconducibile la bella l’epigrafe marmorea conservata all’interno della chiesa di S. Maria di Tergu.
L’età Medievale
Nel corso del medioevo la storia di Tergu si identifica con quella del monastero di Santa Maria. Non si posseggono, infatti, notizie certe sull’esistenza di un abitato, ma è verosimile che nei pressi del monastero gravitasse almeno una piccola comunità di famiglie e, soprattutto, di servi impegnati a lavorare nelle proprietà della stessa abbazia.
Il monastero di S. Maria di Tergu è stato il più importante e ricco possedimento dell’abbazia di Montecassino in Sardegna, ma non si hanno certezze circa il momento esatto in cui la casa madre ne entrò in possesso.
S. Maria di Tergu compare infatti tra le proprietà di Montecassino per la prima volta solo nel 1122, sebbene dal Libellum Iudicum Turitanorum, cronaca sarda del XIII sec., si apprenda che la chiesa fu edificata per volontà del cognato del giudice Mariano I di Torres già nell’XI sec. Si evince quindi che la chiesa di S. Maria fu costruita da esponenti della famiglia giudicale e che solo in un secondo momento, verosimilmente nei primi anni del terzo decennio del XII sec., essa confluì nelle proprietà dell’abbazia di Montecassino. Dal condaghe di S. Maria di Tergu, del quale rimane testimonianza solo grazie ad un apografo del 1648, si apprende che il giudice Gonario ampliò ulteriormente la chiesa del monastero, facendola poi riconsacrare. La cerimonia di riconsacrazione avvenne probabilmente in maniera sfarzosa. Nel condaghe in questione, infatti, si racconta che, data l’importanza dell’avvenimento, il giudice avesse inviato un’ambasceria al Pontefice per richiedere l’invio di un cardinale che potesse consacrare personalmente la nuova chiesa. Il Pontefice accettò ed inviò un cardinale italiano che, giunto a Tergu, partecipò alla cerimonia. Questi però cadde malato e poco dopo morì. Il cardinale dovette dunque essere sepolto nella chiesa di S. Maria di Tergu.
Dopo il 1122 l’abbazia di Tergu é citata diverse volte nei documenti d’archivio di Montecassino; tra questi sono sicuramente di grande importanza gli atti emessi dal giudice Gonario II di Torres, i quali confermano all’abbazia di Montecassino il possesso dei beni donati alla stessa dagli esponenti della sua famiglia e da altre importanti famiglie del giudicato di Torres. La conferma in questione fu eseguita dallo stesso giudice nel 1147, presso l’abbazia di Montecassino, ove Gonario II ebbe modo di soggiornare nel corso di un pellegrinaggio verso il Santo Sepolcro. Tale donazione fu poi riconfermata dallo stesso giudice nel 1153, poco prima che egli abdicasse a favore del figlio Barisone. Dopo l’abdicazione Gonario di Torres si ritirò a Chiaravalle, in Francia, dove entrò a far parte dell’ordine cistercense.
Tra la seconda metà del XII sec. e l’inizio del XIII secolo il monastero di S. Maria di Tergu compare altre volte nelle fonti, si tratta in genere di documenti che espongono l’oggetto delle controversie avvenute tra il clero secolare e i monaci di Montecassino presenti nell’isola, controversie relative alle proprietà ecclesiastiche in Sardegna.
Durante il secolo XIII, mentre il potere dei giudicati andava progressivamente estinguendosi, l’Abbazia di Tergu fu infatti coinvolta negli intrighi politici fomentati dalle repubbliche di Pisa e Genova; oggetto delle contese furono i beni che l’Abbazia riteneva di sua esclusiva proprietà , nonché la rivendicazione di alcuni particolari diritti avuti dai sovrani sardi nei tempi addietro. Venendo progressivamente meno l’autorità giudicale, le due Repubbliche Marinare si fecero sempre più spregiudicate nell’accrescere le loro proprietà in Sardegna e il loro potere, di fatto se non di diritto, crebbe progressivamente. Fu proprio nel contesto di tali intrighi che nel 1202 si arrivò addirittura all’assassinio dell’abate di Tergu e di alcuni membri del clero sardo.
A partire quindi dal XII sec., come si evince dalle fonti, il monastero di Tergu era già divenuto uno dei centri monastici più prestigiosi e attivi della Sardegna, sicuramente il più importante tra i monasteri cassinesi, tanto che il suo abate fu insignito del titolo di legatarius in Sardinea ven. patris domni Pontis abbatis montis Cassinis, ed esercitò alcuni importanti diritti sui due rilevanti monasteri di S. Nicola in Solio e di S. Pietro di Nurchi. Dipendevano inoltre direttamente dall’abbazia di Tergu una decina di monasteri cassinesi di minore entità diffusi nel territorio dell’Isola.
La posizione di spicco di cui godeva il monastero di Tergu indusse le autorità competenti a sceglierlo addirittura come luogo d’esilio per l’abate di Montecassino, il monaco Teodino. Questi si era schierato con gli imperiali di Manfredi, pertanto, dopo la morte dello stesso (1266), si trovò ad essere privo della loro protezione. Teodino dapprima fu imprigionato a Montecassino, successivamente, nel 1270, fu mandato in esilio in Sardegna, presso la suddetta abbazia, dove morì il 30 di agosto di un anno imprecisato.
Col progressivo declino dei giudicati sardi, avvenuto durante il XIII sec., e l’affermarsi del potere Pisano e Genovese – nonché di quello delle varie casate che gravitavano attorno alle due Repubbliche – in Sardegna venne delineandosi una scena politica e sociale che investì anche il mondo monastico, decretandone la scomparsa.
La seconda parte del secolo XIV e tutto il secolo XV furono per l’abbazia di Tergu tempi di lenta, ma progressiva decadenza. Secondo lo storico Giovanni Francesco Fara, S. Maria di Tergu nel 1444 venne accorpata alla Diocesi Turritana, anche se l’unione durò poco. L’anno successivo, infatti, fu accorpata alla Diocesi di Ampurias. La presenza di un Abate di Tergu è documentata per l’ultima volta nel 1488.
L’età Postmedievale
In età postmedievale in luogo della chiesa monastica si sviluppò un’importante santuario mariano. L’arrivo degli aragonesi, divenuti sovrani dell’isola dopo circa cento anni di guerra coi sardi, mutò il panorama politico, economico e religioso della Sardegna. Gli ordini monastici scomparvero progressivamente dalla scena e lasciarono spazio ad un nuovo assetto ecclesiastico.
Nel 1502 la chiesa di S. Maria di Tergu venne definitivamente accorpata, per motivi di sostentamento, alla diocesi di Ampurias e successivamente il vescovo della stessa diocesi assunse il titolo di abate di S. Maria di Tergu. Si tratta verosimilmente di un titolo cui non corrispondeva una situazione reale, ma che era segno evidente di una stato politico-religioso che aveva mutato indirizzo.
Pur avendo mutato funzione – fu dopo essere divenuta proprietà della diocesi che la chiesa monastica andò trasformandosi in un importante centro di culto mariano – l’edificio religioso in questione continuò ad essere oggetto di particolari cure. Tra il XVI e il XVII sec. l’Isola fu soggetta ai frequenti attacchi della pirateria turco-barbaresca, cadendo in una condizione di isolamento e di crisi economico-sociale. I pirati attaccavano soprattutto durante le feste campestri ed i pellegrinaggi religiosi in località non lontane dalle coste. Essi razziavano, bruciavano i villaggi e deportavano la popolazione per rivenderla nei mercati come schiavi. Questi eventi costrinsero l’imperatore Carlo V e suo figlio Filippo II a cingere le coste sarde di torri che fungessero da sentinelle contro il nemico, ciò nonostante lo spopolamento di vaste aree costiere non poté essere evitato. Questi eventi ebbero sicure ripercussioni anche nel territorio dell’Anglona, tuttavia la chiesa di S. Maria di Tergu, a conferma del suo rilevante ruolo di santuario, continuò ad essere frequentata dai devoti della Madonna e, quindi, ad essere soggetta ad importanti lavori di restauro. Di questi lavori si possiede una precisa attestazione nell’iscrizione marmorea conservata all’interno della chiesa che ricorda il rifacimento della copertura e del presbiterio fatti eseguire dal vescovo di Ampurias e Civita nel 1664.
Per il ‘700’ si ha notizia di costanti ed accese diatribe tra il vescovo di Castelsardo, la Collegiata di Osilo e una nobile famiglia di Nulvi. Nei secoli successivi alla scomparsa del monastero i tre paesi furono, infatti, impegnati a rivendicare privilegi sulla proprietà dell’antica abbazia di Tergu, sino ed arrivare in alcuni casi a rappresaglie e a scontri violenti.
Nel 1980 il paese è divenuto comune autonomo, delle antiche rivalità tra Osilo, Castelsardo e Nulvi rimane forse una debole eco nel benevolo campanilismo delle diverse comunità , ma l’8 di settembre, come accade da secoli, la devozione induce i fedeli dei diversi paesi a seguire l’effige della Madonna nel suo pellegrinaggio verso l’antica Abbazia di Tergu.